Ende September ist ein Migrant aus Tunesien im Krankenhaus von Bihac, in dem er sieben Monate lang behandelt worden ist, an den Folgen erfrorener Füßen gestorben. Khobeib hatte im letzten Winter versucht, die Grenze nach Kroatien zu Fuß zu überqueren, war aber von der kroatischen Grenzpolizei angehalten worden. Diese habe ihn nach Bosnien zurückgeschickt und ohne Kleidung und Schuhe in den Bergen im Schnee ausgesetzt. Als er im Containerlager in Bira ankommt, sind die Zehen schon schwarz. Berichte über gewaltsame Push Backs an der kroatisch-bosnischen Grenze, die sich zu einem Nadelöhr auf der Balkanroute entwickelt hat, häufen sich. Lorena Fornasir und Gian Andrea Franchi sammeln und publizieren die Erzählungen von den Migranten und den Torturen, die sie erleiden, wenn sie von den kroatischen Grenzbewachern gestoppt und zurückgeschickt werden.

Bosnia, migrante tunisino muore con i piedi in cancrena: respinto al confine dalla polizia croata, era senza calze e senza scarpe

L’uomo aveva 31 anni e veniva dalla Tunisia. Fermato dalla polizia senza documenti, era tornato in Bosnia con i piedi congelati dopo aver camminato nella neve. La sua storia è stata raccolta e diffusa dai volontari impegnati nell’assistenza dei richiedenti asilo sulla rotta balcanica. Moltiplicate nell’ultimo anno le denunce di abusi commessi degli agenti di frontiera

Il viaggio di Alì è finito dove era iniziato. In Bosnia, a pochi chilometri dalla frontiera. Da qui era partito, quest’inverno, con la speranza di raggiungere l’Europa. Qui è morto il 21 settembre all’ospedale di Bihac dopo aver passato sette mesi con piedi in cancrena. Bloccato senza documenti, era stato respinto dalla polizia croata. Aveva raccontato di essere stato lasciato al gelo della montagna, in mezzo alla neve, senza vestiti e senza scarpe. Si chiamava Khobeib, ma era conosciuto da tutti come Alì. Aveva 31 anni ed era nato in Tunisia.

La sua è una delle tante storie di violenza che arrivano dal confine tra la Bosnia e la Croazia, porta d’ingresso d’Europa che da più di un anno si è trasformata in una sorta di micidiale imbuto per i migranti in viaggio sulla rotta balcanica. A rendere visibile l’immagine del suo corpo martoriato sono stati Lorena Fornasir e suo marito Gian Andrea Franchi, due volontari indipendenti che da più di tre anni partono regolarmente dalla loro Trieste per portare assistenza e beni di prima necessità nei campi profughi bosniaci, sul confine nord occidentale. I due raccolgono e rendono pubbliche, con foto e testimonianze, le storie dei migranti e delle sevizie che subiscono dagli agenti di frontiera quando vengono respinti. […]

Dopo la morte nel reparto di chirurgia dell’ospedale di Bihac, l’attivista per i diritti umani Nawal Soufi, attraverso l’ambasciata, ha riportato il corpo in Tunisia dalla sua famiglia. Come Alì, sono centinaia i migranti che portano i segni delle violenze subite sul confine. Dal 2019 a oggi, i controlli si sono rafforzati e si sono moltiplicate le denunce di maltrattamenti. A marzo Amnesty International ha diffuso un report dettagliato, in cui puntava il dito sui governi europei, per la complicità con “i respingimenti e le espulsioni collettive” di migliaia di persone. Il governo Croato ha sempre difeso il comportamento della polizia, anche se a luglio, nel corso di un’intervista con la tv svizzera Srf, la presidente Kolinda Grabar Kitarovi ha ammesso che è necessario usare “un po’ di forza quando i migranti vengono respinti”. […]

Il Fatto Quotidiano | 05.10.2019

Kroatien, Push Back: Tunesischer Migrant stirbt an Wundbrand

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