Seit dem 10. April patrouilliert die sog. libysche Küstenwache, die von Italien trainiert und mit Schiffen ausgestattet wurde und von der EU Gelder bezieht, nicht mehr in der SAR-Zone. Dies hat UN-Angehöriger in Tripolis bestätigt. Nach Angaben des UN-Hochkommissars für Flüchtlinge hat die libysche Küstenwache im Jahr 2019 insgesamt ohnehin nur 12 Mal Boote mit Migranten abgefangen und 1.015 Menschen wieder ins Gefängnis gebracht: das ist weniger als Einsatz pro Woche. Journalistische Recherchen und Ermittlungen der Justizbehörden von Agrigento haben zudem ergeben, dass die Reaktionszeiten der Rettungsleitstelle in Tripolis zu den größten Gefahrenquellen für Boat-people gehören, die vor der Küste Libyens in Seenot geraten.

Libia, i guardacoste sono spariti

Dal 10 aprile nessun pattugliamento. Nel 2019 solo 12 interventi. In 4 mesi 257 migranti morti. Presentati esposti su motovedette trasformate in navi da guerra. Timori per l’escalation del conflitto

Nello Scavo

È dal 10 aprile che la cosiddetta Guardia costiera libica non pattuglia più l’area di ricerca e soccorso costituita a suon di quattrini grazie all’appoggio di Italia e Ue. A confermarlo è un altro funzionario delle Nazioni Unite a Tripoli, che ha avuto accesso a informazioni ufficiali. In totale nel 2019, secondo altre fonti dell’alto commissariato Onu per i rifugiati, i guardacoste libici hanno intercettato barconi con migranti 12 volte, riportando nelle prigioni 1.015 persone: meno di un’operazione a settimana.

Nonostante questo sia le inchieste giornalistiche che le investigazioni della magistratura, in particolare quella di Agrigento, hanno appurato che i tempi di reazione della centrale di coordinamento dei soccorsi di Tripoli sono uno dei principali pericoli per chi, non solo migranti, si trovasse in difficoltà al largo della Libia. Ufficialmente l’esiguo numero degli interventi sarebbe determinato dal cospicuo calo delle partenze. Se così fosse non si capisce perché l’Italia debba fornire a proprie spese un’altra dozzina di pattugliatori navali a chi sembra non averne bisogno. I fatti, però, suggeriscono altre ipotesi.

Nei giorni scorsi più volte profili internet vicini alle operazioni militari anti Haftar hanno diffuso immagini di motovedette riadattate a operazioni di combattimento, spiegando così la sospensione delle attività di controllo sui migranti per orientarsi sulle capacità difensive nel conflitto che secondo l’Organizzazione mondiale della salute ha fatto registrare solo a Tripoli e dintorni 254 morti e 1.128 i feriti. L’inchiesta di Avvenire sulla reale attività dei guardacoste di Tripoli è al centro di alcuni esposti alla magistratura, in particolare ad Agrigento e Roma, chiamata a valutare se oltre alla palese violazione degli accordi con l’Italia da parte del governo libico (a causa dell’embargo Onu sulle armi da guerra non è infatti possibile cedere neanche alle autorità riconosciute di Sarraj materiali d’armamento) e se questo non pregiudichi la consegna di nuovi mezzi navali a Tripoli. Diverse fonti sul posto, inoltre, confermano come vi sia difficoltà nell’approvvigionamento di carburante per le motovedette, che così restano in porto in attesa di intervenire dal mare a difesa di Tripoli. […]

Avvenire | 23.04.2019

Libyen: Die Küstenwache ist verschwunden