An Bord des NGO-Rettungsschiffs „Mare Jonio“ haben viele Gerettete ihre Erfahrungen von Folter, unmenschlichen Haftbedingungen und zahlreichen Fluchtversuchen berichtet. Sie waren am vergangenen Sonntag früh um 4 Uhr aufgebrochen und wurden eineinhalb Tage später gerettet. Die Zeitung „La Stampa“ gibt einen Auszug aus den Berichten:

«C’era gente che non poteva lavorare perché malata e senza forze, i libici gli davano da bere acqua con le urine»

«I can’t believe, I can’t believe!», ha urlato quando da bordo della “Mare Jonio” ha visto la motovedetta della Guardia costiera libica allontanarsi. «I can’t believe, non posso crederci», ha più volte ripetuto scuotendo la testa, questo giovane senegalese di 24 anni che ora sta sul ponte della nave, vede la costa di Lampedusa a un passo ma non può ancora scendere: «Dal Senegal sono scappato cinque anni fa, lì ho moglie e due figli che non vedo da quando sono nati e io avevo 19 anni. Sono andato a cercare un posto dove guadagnare i soldi per sostenere la mia famiglia, invece sono rimasto chiuso nelle prigioni libiche per cinque anni».

Il suo racconto a questo punto si fa ancora più crudo: «In quelle prigioni ho visto morire almeno cinquanta persone, molte per denutrizione, gente che non poteva lavorare perché ammalata e senza forze e che per questo i libici abbandonavano al loro destino e alle quali davano da bere acqua con le urine». Il giovane senegalese ha raccontato ai soccorritori della nave Mare Jonio che prima di domenica scorsa, aveva tentato già quattro volte la traversata, e ogni volta la Guardia costiera libica lo aveva riportato indietro, nelle stesse carceri, dove ha continuato a subire torture: «Non sapete a cosa può arrivare il razzismo dei libici nei confronti di chi arriva dai Paesi dell’Africa nera». Il suo «non posso crederci» è liberatorio, l’attesa davanti a un porto europeo, se anche dovesse durare giorni, per lui è un dettaglio ormai. […]

La Stampa | 19.03.2019

Mare Jonio: Die Berichte der Geretteten von Folter, Mord und Fluchtversuchen