Seit den frühen Morgenstunden ist die Räumung des Barackenlagers in San Ferdinando im Gange, in dem im letzten Jahr bei Bränden drei Migrant*innen ums Leben gekommen sind. Wie groß die Zahl der Migrant*innen ist, die sich zur Zeit noch im Lager befinden, ist unklar. Viele sollen sich in den vergangenen Tagen eine Unterkunft in leerstehenden Hütten auf dem Land gesucht haben, weil die Räumung schon seit einiger Zeit angekündigt war. Was mit den Menschen passiert, die von der Räumung überrascht worden sind, ist unklar. Polizei und Militär sind mit 600 Mann in Kampfausrüstung und schwerem Gerät vor Ort, um das Ghetto abzureißen.

A San Ferdinando sgomberata una tendopoli se ne apre un’altra

Lo hanno svegliato alle sei, ma in realtà la notte scorsa non era riuscito a dormire, un po’ per i pensieri, un po’ per il freddo. All’alba nella tendopoli di San Ferdinando, in Calabria, sono arrivati novecento tra agenti delle forze dell’ordine, vigili del fuoco, militari. Decine di camionette e mezzi meccanici per la distruzione delle baracche. Hanno chiesto a tutti gli occupanti del campo di uscire e di mettersi in fila per essere identificati ed eventualmente trasferiti.

Cheik è senegalese, stava in una baracca da tre anni, è un bracciante agricolo che lavora per venti o venticinque euro al giorno negli aranceti della Piana di Gioia Tauro, ora aspetta con tutte le sue cose sul ciglio della strada, il cappuccio della sua giacca militare calzato in testa, per ripararsi dal gelo della mattina. Ha il permesso di soggiorno per motivi umanitari, quindi non può essere spostato nei centri di accoglienza, come molti abitanti della tendopoli di San Ferdinando. Gli hanno detto che potrebbero trovare un posto per lui nella nuova tendopoli che da un anno è stata costruita davanti a quella vecchia, pochi metri più in là.

Cheik aspetta di capire dove dormirà da stanotte. “Non voglio andare via da qui, qui riesco a lavorare e a mandare qualche soldo alla mia famiglia in Senegal. Se mi mandano via, non so dove andare. Mi affido a dio, spero di non finire per strada”, dice il ragazzo senegalese che vorrebbe entrare stasera nell’area gestita dal ministero dell’interno, un campo molto vicino alla tendopoli appena sgomberata, in cui in pochi mesi sono morte almeno tre persone a causa degli incendi che potrebbero essere stati di origine dolosa. L’ultimo è scoppiato solo pochi giorni fa, il 16 febbraio, e ha ucciso Moussa Ba, un senegalese di 29 anni, mentre dormiva nella sua baracca. Gli altri, morti nelle stesse circostanze, si chiamavano Becky Moses e Jaiteh Suruwa. […]

La nuova tendopoli

La maggior parte delle persone che abitavano nella tendopoli se ne sono andate autonomamente: la stagione della raccolta delle arance è quasi finita e molti si sono già spostati nelle altre aree agricole italiane, dove passeranno ad altri lavori nei campi come la raccolta delle fragole e dei pomodori nel casertano e nella provincia di Foggia. Quelli che sono rimasti non hanno nessuna rete a cui appoggiarsi. “Ci avrebbero dovuto dare più tempo di preavviso, qui noi non abbiamo famiglia, per organizzarci non bastano così pochi giorni”, dice Francis, un bracciante del Ghana. Sulla strada, la polizia ha allestito un gazebo: i ragazzi si mettono in fila con le loro cose.

Devono mostrare i documenti: i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale saranno spostati nei centri di accoglienza Cas e negli ex Sprar in giro per l’Italia. Ci sono diciotto pullman pronti sulla strada che conduce alla tendopoli per il trasferimento. Ma non sono moltissimi i migranti che ci saliranno alla fine, perché la maggior parte di loro ha la protezione umanitaria, che è stata abolita dal decreto sicurezza e immigrazione, approvato il 27 novembre 2018. Per loro quindi non è prevista nessuna forma di accoglienza istituzionale.

Questo gruppo sarà spostato quindi nella nuova tendopoli gestita dal ministero dell’interno, nella quale al momento risiedono già 500 persone e dove sono state costruite una ventina di nuove tende da campo nelle ultime settimane. “Molti di noi non vogliono spostarsi dalla Calabria, anche perché devono ancora essere pagati a fine stagione e non vogliamo perdere i soldi”, spiega Francis. Altri ancora sono in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno, che possono ritirare solo alla questura di Gioia Tauro. È il motivo per cui il ricollocamento volontario nei centri ex Sprar e Cas calabresi, che era già cominciato nelle scorse settimane sembra non avere funzionato. Molti ragazzi, dopo qualche giorno, sono tornati nella tendopoli o nei numerosi casali abbandonati disseminati nelle campagne della Piana di Gioia Tauro.

Nella nuova tendopoli dove finiranno molti degli sgomberati c’è acqua ed elettricità, i tendoni blu della Protezione civile sono ignifughi e i bagni sono costruiti nei container, c’è una cucina, una moschea e una sala di preghiera, una recinzione infine circonda tutto il campo. L’ingresso e l’uscita sono controllati da un servizio di guardiania. Era così anche nella tendopoli che è stata appena sgomberata, quando è stata costruita nel 2013, poi è stata abbandonata dalle autorità e i servizi non sono stati più garantiti. La tendopoli così è andata estendendosi e trasformandosi. Molti si chiedono quindi quale sia la prospettiva a lungo termine di questa operazione di sgombero e se in generale ci sia un piano per superare definitivamente il problema abitativo dei braccianti agricoli di origine straniera che ogni anno arrivano da tutta Italia a inizio dicembre per partecipare alla raccolta delle arance.

Case vuote

“Sono stati smistati in base alla tipologia dei loro permessi di soggiorno: ma qui si parla di lavoratori. Torniamo al problema che queste questioni sono affrontate con l’assistenzialismo. Si tratta di lavoratori, non di profughi appena arrivati, e nella Piana ci sono decine di immobili abbandonati o sfitti che avrebbero potuto essere usati. Noi non siamo stati coinvolti nella trattativa, ma ora chiediamo le case per queste persone”, afferma Patrick Conde, un sindacalista dell’Usb che ha seguito le operazioni di sgombero. Dello stesso avviso Peppe Marra dell’Usb: “La baraccopoli di San Ferdinando era una situazione indegna, nessuno può difenderla. Ma di nuovo stiamo dando una risposta emergenziale, con i trasferimenti nei centri Cas ed ex Sprar e con la nuova tendopoli. Queste non sono persone in cerca di accoglienza, sono lavoratori e la loro preoccupazione è quella di stare più vicini possibile alle aree in cui lavorano”. […]

Mentre le ruspe sono ancora attive, Salia, un ragazzo del Mali di 29 anni, sale sul pullman per essere trasferito: “Non so dove mi portano, ora devo andare in un centro in attesa che la mia domanda di asilo sia esaminata, la cosa più importante per me sono i documenti, poi si vedrà”. Ma il prossimo inverno dice che proverà a tornare nella Piana, se nel frattempo non troverà un lavoro migliore. E allora probabilmente finirà di nuovo a dormire in una tenda

Internazionale | 06.03.2019

:::::

Reggio Calabria, via allo sgombero della baraccopoli di San Ferdinando: 600 agenti schierati, “presenti solo 300 migranti”

Lo sgombero è iniziato e ancora nessuno sa ufficialmente quanti migranti si trovano all’interno della baraccopoli di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria. Alcuni sindacalisti dell’Usb che sono riusciti entrare nel ghetto parlano di molti meno migranti del solito. Addirittura, stando al sindacato, sembrerebbero circa 300. L’unico numero che in questo momento sembra indiscutibile è quello delle forze dell’ordine impiegate per smantellare il ghetto a ridosso del porto di gioia Tauro. Fonti del Viminale sostengono che il dispositivo di sicurezza e di circa 600 uomini, in assetto antisommossa, tra polizia, carabinieri, guardia di finanza ed esercito.

La sensazione, però, è che siano di più gli agenti mobilitati, forse troppi per una situazione che, al momento, non lascia pensare a proteste da parte dei migranti. Molti dei quali tra l’altro si sono allontanati volontariamente essendo questo sgombero annunciato pubblicamente da tempo. Oltre a quelli trasferiti negli ex-Sprar e nei Cas su invito della prefettura, infatti, ci sono stati migranti che in nottate e nei giorni scorsi hanno deciso di trasferirsi nei vari casolari sparsi per le campagne della Piana. […]

Il Fatto Quotidiano | 06.03.2019

Reggio Calabria: Das Barackenlager von San Ferdinando wird geräumt