Heute Vormittag war der Staatsanwalt von Agrigent Luigi Patronaggio an Bord der „Open Arms“, im Anschluss daran hat er die vorläufige Beschlagnahme des Schiffs und die sofortige Anlandung der verbliebenen Migrant*innen auf Lampedusa angeordnet. Fast zeitgleich hatte die Regierung in Madrid mitgeteilt, dass in Andalusien ein Schiff der spanischen Marine auf die Überfahrt nach Lampedusa vorbereitet werde, um die Boat-people und die Besatzung der „Open Arms“ auf die Balearen zu bringen. Dies wäre ein Präzedenzfall: noch nie ist ein Mitgliedsstaat der EU mit einem Schiff der eigenen Marine in das Hoheitsgewässer eines anderen Mitgliedsstaats eingedrungen, um Migrant*innen, die dort nicht an Land gehen durften, zu evakuieren. Die Überfahrt soll drei Tage dauern – angesichts der Tatsache, dass die Situation auf der „Open Arms“ nach neunzehn Tagen auf See inzwischen dramatische Züge angenommen hat, eine Ewigkeit. Wohl auch deshalb, aber auch vor dem Hintergrund der Regierungskrise in Italien und eines angezählten Innenministers hat Patronaggio nun das Heft in die Hand genommen: nicht zum ersten Mal lässt er ein NGO-Boot vorläufig beschlagnahmen, um dessen Odyssee zu beenden und die Geretteten möglichst schnell an Land zu bringen. „Die Strafverfolgungsbehörden waren effektiver als die Politiker, und das sollte uns zu Denken geben“, kommentiert Internazionale die Entscheidung des sizilianischen Staatsanwalts.

Die Beschlagnahme der „Open Arms“ dient dessen Ermittlungen, die sich aber nicht gegen die Crew, sondern gegen Unbekannt wegen des Verdachts der Freiheitsberaubung und des Amtsmissbrauchs richten. Dass es sich nur um Salvini handeln kann, bestätigte dieser indirekt selbst auf Facebook: „Wenn jemand denkt, dass er mir mit der x-ten Klage und Forderung nach einem Prozess Angst einjagen kann, irrt er sich.“

Inzwischen meldet auch die „Ocean Viking“, jenes Schiff von MsF und Sos Mediterranée, das zwischen dem 9. und 12. August bei drei verschiedenen Einsätzen 356 Menschen retten konnte, dass die Situation an Bord unerträglich wird. „Wir müssen das Wasser rationieren.“ Die „Ocean Viking“ befindet sich seit Tagen in einer Warteposition zwischen Malta und der italienischen Insel Linosa, ohne dass die zuständigen Behörden auf Hilfeersuchen reagieren.

Während die Kriminalisierung der NGO-Seenotrettung im zentralen Mittelmeer eskaliert, werden sog. „Phantomboote“ von der Guardia Finanza oder der italienischen Küstenwache in die Häfen eskortiert. Auch heute konnten 69 Migrant*innen ungehindert mit einem Segelboot in Santa Maria di Leuca/Apulien anlegen. Sie waren in Istanbul an Bord gegangen. Ein Ratsmitglied des Ortes erklärte: „Wir sind ein offener Hafen.“

Italian officials order migrant ship evacuated amid health fears

Condition of 83 migrants on Open Arms rescue vessel off Lampedusa at ‘worrisome levels’

Italian prosecutors have ordered that 83 migrants onboard a charity vessel that has been anchored off the island of Lampedusa for 19 days must be immediately disembarked, citing the “explosive’’ psychological and medical condition of the passengers.

The rescue ship, operated by the Spanish NGO Proactiva Open Arms, has been refused permission to dock by Italy’s far-right interior minister, Matteo Salvini.
The announcement made by the magistrates came shortly after the Spanish government announced that it would send a naval ship to pick up the 83 migrants and bring them back to Spain. […]

“Spanish NGO, Spanish ship, Spanish port: rightly so. We are no longer the refugee camp of Europe,” said Salvini, reiterating his refusal to let them disembark.

However, a few hours later, prosecutors in Agrigento put an end to the standoff, which should stop the Spanish warship needing to intervene.

Last week the Sicilian magistrates also opened an investigation into unknown suspects for the kidnapping of the migrants aboard the Open Arms vessel. If the prosecutors go ahead with the inquiry Salvini risks being investigated once again for the same charge. […]

The Guardian | 20.08.2019

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«Razioniamo l’acqua, la situazione sulla Ocean Viking non più sostenibile»

Da bordo, decimo giorno. Ci troviamo fermi fra Malta e Linosa, in una posizione di attesa senza ricevere indicazioni dalle autorità competenti. Le persone soccorse sono pazienti ma la frustrazione è inevitabile

Quando lo scorso dicembre abbiamo smantellato l’Aquarius, abbiamo fatto una promessa: saremo tornati presto in mare a salvare vite umane. Dopo otto mesi, quella promessa è stata mantenuta attrezzando l’Ocean Viking per il soccorso in mare. La sua prima missione nel Mediterraneo ha salvato 356 persone, che ora si trovano in attesa di un luogo di sbarco sicuro.

La nuova nave di Sos Mediterranée e Medici Senza Frontiere (Msf) è partita da Marsiglia il 4 agosto, con un equipaggio di soccorritori e di medici. Era previsto il rifornimento di carburante, ma Malta ci ha negato il permesso di entrare nelle sue acque territoriali.

Dieci giorni fa, il 9 agosto, la Ocean Viking ha ricevuto il suo battesimo come nave da soccorso, salvando 85 persone in fuga dalla Libia. Nei giorni successivi ci sono stati altri tre interventi: uno – l’ultimo – è stato particolarmente difficile perché al nostro arrivo il gommone dei naufraghi si è sgonfiato, causando la caduta in acqua di numerose persone.

Dopo quattro giorni di interventi, effettuati senza il coordinamento né il supporto di alcuna autorità marittima, la Ocean Viking ha a bordo 356 persone: più di quante possiamo agevolmente ospitare.

Sono 356 vite umane scappate dall’inferno dei centri di detenzione libici. Più di un quarto dei nostri passeggeri è minorenne e non accompagnato da genitori. Ci sono 5 donne e dei bambini piccoli. Sulla pelle di queste persone possiamo vedere i segni delle torture.

Si tratta di persone abituate ad aspettare e a ricevere ordini. Lo vediamo da come si mettono ordinatamente in fila per lavarsi, per ricevere una razione di cibo, per farsi visitare dai medici. Molti hanno voglia di raccontare le loro storie, ti fermano sul ponte e parlano di lunghi viaggi, di rapimenti, di sfruttamento, di amici e parenti visti morire. A due passi dall’Europa.

Oggi è il decimo giorno dal primo soccorso. Ci troviamo fermi fra Malta e Linosa, in una posizione di attesa senza ricevere indicazioni dalle autorità competenti. Le persone soccorse sono pazienti ma la frustrazione è inevitabile. «Dove stiamo andando? Quando arriviamo?» Domande legittime per chiunque dopo un tempo prolungato alla deriva.

Da terra ci chiedono ripetutamente se abbiamo dovuto evacuare pazienti oppure casi di salute critici. Per fortuna la risposta per il momento è no, ma non possiamo garantire la tenuta delle condizioni igieniche per un tempo indeterminato. Ci chiediamo se dobbiamo arrivare ad avere una situazione medica grave per meritare l’attenzione dei governi e dei media.

Le persone dormono a contatto del ponte, l’acqua viene razionata e distribuita con attenzione. Ogni notte sembra di essere in un campo profughi, in mezzo al mare.
Abbiamo ancora scorte di cibo, ma questa non è una situazione sostenibile: non è e non può essere la norma.

Secondo il diritto internazionale, le persone soccorse devono sbarcare in un luogo sicuro il più presto possibile. Per le stesse leggi, un soccorso si può dichiarare finito solo quando viene sbarcata anche l’ultima persona. A dieci giorni di distanza, il nostro soccorso è ancora in atto.

È da più di un anno che i soccorsi in mare vengono prolungati come un’agonia. Il primo caso di sbarco impedito lo abbiamo vissuto con l’Aquarius, che a giugno del 2018 è stata costretta a dirigersi a Valencia, a 5 giorni di navigazione dalla zona di ricerca e soccorso libica. Tutto il tempo che una nave di soccorso resta in attesa di un porto è tempo sottratto alla tutela della vita umana.

La sofferenza di queste persone si vede dai disegni che hanno fatto a bordo. Disegni di adulti, ma con il tratto incerto dei bambini. Disegni delle torture subite in Libia, delle condizioni nei centri di detenzione e i bombardamenti a Tripoli. Immagini che parlano da sole, che raccontano una sensibilità compromessa e che trovano riscontro nei corpi violati curati dai medici.

I giorni in mare passano tutti uguali. In attesa, senza risposte. Fino a quando l’Unione europea non troverà una soluzione. Ci auguriamo che non sia una soluzione ad hoc, per noi come per Open Arms o per le altre navi che periodicamente si trovano in questo tipo di stallo. Da più di un anno chiediamo all’Europa delle soluzioni di sbarco prevedibili, coordinate, sostenibili. Rispettose delle vite che salviamo.

Il Manifesto | 20.08.2019

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Nel caso Open Arms l’azione penale è stata più efficace della politica

La decisione è arrivata in serata, il 20 agosto, mentre al senato si era già consumata la crisi di governo e il presidente del consiglio Giuseppe Conte aveva annunciato di voler rimettere il suo mandato nelle mani del presidente della repubblica, come poi è avvenuto dopo la seduta parlamentare.

Il procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio, lo stesso pm del caso Diciotti, ha disposto il sequestro preventivo della nave spagnola Open Arms bloccata a ottocento metri da Lampedusa da 19 giorni con ancora a bordo un centinaio di persone, dopo diversi trasferimenti per motivi di salute.

Patronaggio, appena rientrato dalle vacanze, è voluto salire a bordo della nave insieme a due medici nominati dalla procura e ha appurato una situazione di emergenza sanitaria che lo ha spinto ad aprire un nuovo fascicolo ipotizzando il reato di rifiuto e omissione di atti d’ufficio, con il conseguente sequestro preventivo urgente della nave e l’immediato sbarco degli 83 naufraghi rimasti a bordo e dell’equipaggio. La nave è entrata nel porto di Lampedusa alle 23.20 del 20 agosto, dopo quasi venti giorni di stallo. […]

Patronaggio ha impiegato un paio d’ore a prendere una decisione che per giorni il governo italiano non è riuscito a prendere, nonostante lo stato di crisi politica e la conseguente debolezza dei ministri in carica. Il ministro dei trasporti Danilo Toninelli il 19 agosto aveva chiesto che la Open Arms sbarcasse in Spagna, mettendo a disposizione navi della guardia costiera per portare i profughi in un porto spagnolo a tre giorni di navigazione, accogliendo la proposta del premier spagnolo Pedro Sanchéz. Toninelli ha ipotizzato che ci fosse qualcosa di sospetto nella condotta dell’ong spagnola che dopo 19 giorni di stallo si è rifiutata di affrontare altri giorni di navigazione per raggiungere la Spagna.

“Ci siamo messi a disposizione con la guardia costiera per accompagnare la Open Arms in Spagna, per offrire supporto tecnico e per trasportare parte dei migranti a bordo di una nostra imbarcazione per il viaggio. La ong ha incredibilmente rifiutato, con un atteggiamento che fa sospettare ci sia malafede da parte loro. La Spagna però faccia prima, a sua volta, un passo in avanti e tolga immediatamente la sua bandiera dalla nave della ong”, ha scritto Toninelli su Facebook. Da Cadice, in Spagna, il 20 agosto è partita una nave militare diretta a Lampedusa per trasbordare i naufraghi: avrebbe impiegato tre giorni per raggiungere l’isola e altri tre giorni per tornare a Palma di Maiorca, porto di destinazione della nave. Ma la decisione del pm di Agrigento è arrivata prima. L’azione penale è stata più efficace della politica dei governi e questo deve fare riflettere.

Internazionale | 21.08.2019

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Migranti, in 69 sbarcano a Santa Maria di Leuca. Assessore: “Il nostro è un porto aperto”

Sono partiti da Istanbul a bordo di un veliero e sono stati intercettati dalla Guardia Costiera e dalla Guardia di Finanza a poche miglia dalla costa della località salentina. Tra loro anche sedici minori non accompagnati. Verranno trasferiti nel centro di prima accoglienza di Otranto

Il Fatto Quotidiano | 20.08.2019

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Nach Evakuierung der Open Arms bahnt sich das nächste Flüchtlingsdrama an

Die Geretteten durften an Land gehen, nun wird wieder gegen Italiens Innenminister Matteo Salvini ermittelt. Die Ocean Viking muss weiter warten

Frage: Wieso durften die Geretteten der Open Arms in Lampedusa an Land gehen?

Antwort: Nach 19 Tagen an Bord verließen die letzten 83 Geretteten das Rettungsschiff der spanischen Hilfsorganisation Proactiva Open Arms. Zuvor hatte der sizilianische Staatsanwalt Luigi Patronaggio überraschend angeordnet, die Menschen aufgrund der schwierigen Lage an Bord an Land zu bringen. Dem vorangegangen war eine Inspektion des Schiffes durch italienische Beamte und zwei Ärzte. Damit widersetzte sich Patronaggio der Linie des rechten Innenministers Matteo Salvini, der die Open Arms nicht in den Hafen einlaufen lassen wollte.

Frage: Was passiert nun mit ihnen?

Antwort: Sechs EU-Staaten haben bereits vor Tagen zugesagt, dass sie die Geretteten aufnehmen wollen: Frankreich, Deutschland, Rumänien, Portugal, Spanien und Luxemburg. Spanien hat zudem angeboten, die Open Arms in einem seiner Häfen anlegen zu lassen. Wie viele Menschen die einzelnen Staaten aufnehmen, ist vorerst nicht bekannt. Fest steht, dass die Geretteten nun in einer italienischen Einrichtung untergebracht und in den meisten Fällen von den jeweiligen Beamten der Nationalstaaten befragt werden. Wann sie in die Aufnahmeländer gebracht werden, hängt von den einzelnen Behörden ab. Das Asylverfahren beginnt erst innerhalb der Staatsgrenzen des zuständigen Landes. In vielen Fällen werden die Menschen vor ihrer Überstellung medizinisch untersucht, durch Sicherheitsbehörden geprüft und registriert. […]

Frage: Wo befindet sich derzeit die Ocean Viking?

Antwort: Das Rettungsschiff der Hilfsorganisationen SOS Mediterranée und Ärzte ohne Grenzen befindet sich seit Tagen zwischen maltesischem und italienischem Hoheitsgewässer. An Bord: 356 Gerettete. Noch hat sich keine Seenotrettungsleitstelle bereiterklärt, der Ocean Viking einen sicheren Ort anzubieten. Die libyschen Behörden hatten Tripolis zugewiesen, doch das Land gilt wie bereits erwähnt als nicht sicher. Für die Crew wird es immer schwieriger, den Geretteten zu erklären, warum sie nicht an Land gehen dürfen, heißt es in einer Stellungnahme an den STANDARD. Sie haben Angst, dass sie nach Libyen zurückgebracht werden, wo viele von ihnen Folter ausgesetzt waren.

Frage: Sind noch andere private Rettungsschiffe im Einsatz?

Antwort: Im Moment nicht. Die Sea-Watch 3 ist noch immer von den italienischen Behörden beschlagnahmt, die Alan Kurdi befindet sich im Hafen der spanischen Stadt Burriana. Die Lifeline befindet sich nach der Beschlagnahmung durch Malta noch immer im Hafen von Valletta und wird auf ihre Tauglichkeit hin überprüft. Anfang August wurde die Mare Jonio der italienischen Organisation Mediterranea Saving Humans von den Behörden wieder freigegeben und soll bald wieder in See stechen.

derStandard | 20.08.2019

 

Open Arms, Staatsanwalt von Agrigent ordnet Beschlagnahme des Schiffs und Anlandung der Migrant*innen an