Domenico Lucano, der suspendierte Bürgermeister von Riace, steht nicht länger unter Hausarrest, darf seinen Wohnort aber nicht mehr betreten. In einem Interview hat er erklärt: „Riace steht für eine Idee, die der Gesellschaft der Barbarei widerspricht.“

Lucano: „Andrò in giro per far conoscere il messaggio politico di Riace“

Esiliato dalla sua Riace per ordine dei giudici del Tribunale del Riesame, Mimmo Lucano parla per la prima volta da uomo libero dopo due settimane agli arresti domiciliari. „Sono più tranquillo, riassaporo la libertà“, spiega. In attesa del ricorso in Cassazione contro il divieto di dimora nel „paese dell’accoglienza“ disposto dai giudici, Lucano non ha ancora deciso dove fisserà la sua residenza. Probabilmente, dice, finirà per accettare l’invito dei tanti che gli hanno offerto ospitalità, non solo in Calabria, ma in tutta Italia. „Bisogna portare in giro il messaggio di Riace, è una questione politica. In Italia c’è una parte che va verso la costruzione della civiltà della barbarie e una parte che va verso la civiltà dei rapporti umani“. E ai rifugiati del paese dell’accoglienza assicura „è un momento di difficoltà, ma la soluzione la troveremo“.

La Repubblica | 17.10.2018

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„Non ho ancora deciso dove andare. Devo ancora trovare una casa in cui sistemarmi, ma ci sono amici che mi sono vicini in questo momento critico e che mi stanno assistendo“. Lo dice Domenico Lucano, sindaco sospeso di Riace, contattato dall’ANSA, che ha lasciato stamattina il centro della Locride osservando il divieto di dimora impostogli dal Tribunale del riesame. „Sto vivendo, comunque, una condizione di precarietà. Ho in macchina i miei effetti personali e alcuni libri. Se avrò bisogno di altre cose me le farò portare da mia figlia“.

Resta a Riace, invece, la compagna di Lucano, per la quale il divieto di dimora è stato attenuato con la misura dell’obbligo di firma. […]

ANSA | 18.10.2018

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Non solo Riace, il sistema di accoglienza italiano è sotto attacco

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Si è tornati a parlare del sistema Sprar dopo il caso Riace, perché il comune calabrese, già toccato dall’arresto del sindaco Domenico Lucano, il 9 ottobre ha ricevuto una circolare con la quale il ministero dell’interno ha deciso di chiudere il progetto, uno dei primi in Italia, attivo dalla nascita del Piano nazionale asilo (Pna) e poi dello Sprar nel 2002.

“Il progetto di accoglienza di Riace è stato capofila nei progetti Sprar italiani, si può dire che il modello Riace sia il progetto Sprar. Le linee guida prevedono proprio quello che Riace aveva già attuato: l’accoglienza in appartamenti, piccoli numeri di persone, il radicamento sul territorio”, spiega Di Capua. Il comune calabrese ha sviluppato buone pratiche, successivamente riprese da tutto il sistema nazionale e diventate un modello anche all’estero.

Ma dall’inizio del 2016 Riace è finita sotto la lente d’ingrandimento del Servizio centrale e della prefettura di Reggio Calabria. “Il fatto che il comune fosse più famoso in quanto simbolo, il fatto che avesse più visibilità rispetto ad altri progetti ha comportato che ci si concentrasse sul suo funzionamento, infatti ci sono state cinque ispezioni nel giro di due anni”, ammette Di Capua. “Siamo andati di persona a Riace, anche per spiegare quali erano i problemi”, continua.
Nella circolare in cui comunica la chiusura del progetto, il ministero dell’interno contesta a Riace di aver accumulato 34 punti di penalità nella scheda di valutazione (la revoca totale del contributo può essere disposta in presenza di una decurtazione di punteggio compresa tra 14 e 20 punti) per irregolarità nella rendicontazione e standard troppo bassi rispetto a quelli previsti dalle linee guida dello Sprar; nella circolare si accusa il progetto di Riace di aver prolungato la permanenza dei richiedenti asilo oltre il termine previsto e infine di aver usato al posto dei soldi dei buoni che non erano conformi alle leggi dello stato.

“Nel corso del tempo sono cambiate le norme non solo per lo Sprar, ma anche le leggi amministrative nazionali e nessuno nel comune ha mai dato il segnale di voler sistemare quelle criticità”, afferma Di Capua. Per questo Riace ha ricevuto prima dei richiami, poi la decurtazione dei fondi e infine la notifica di chiusura del progetto.

“Non si tratta del primo progetto Sprar chiuso per questo motivo, altri dodici progetti hanno ricevuto penalità molto gravi e alla fine hanno chiuso o per revoca o per rinuncia. Ma c’è da dire che il ministero dell’interno avrebbe potuto non chiudere Riace. La decisione della revoca è discrezionale. Nel decreto si afferma che il ministero può, e non deve, chiudere il progetto”, aggiunge Di Capua. “Forse avrebbe potuto restringere il progetto, facendo una revoca parziale. Avrebbe potuto chiedere di ridurre i numeri degli accolti per dare il tempo all’amministrazione di risolvere i problemi”, conclude.

Internazionale | 17.10.2018

Siehe auch

Italien: Bürgermeister von Riace muss seinen Wohnort verlassen