56 Menschen sind bei dem Versuch, mit einem überfüllten Boot von der tunesischen Küste aus Italien zu erreichen, ums Leben gekommen. Anders als bei der Haverie am 15. Juni, bei der ein umgebautes Fischerboot gesunken und über 60 Boat-people ertrunken waren, handelte es sich bei den Passagieren jetzt nicht um Afrikaner*innen aus Ländern südlich der Sahara, sondern ausschließlich um tunesische Jugendliche auf der Flucht vor den sozialen und politischen Problemen in ihrem Heimatland. Die meisten stammten aus den Regionen, in denen vor fast zehn Jahren der Aufstand begann, in dessen Folge das Regime des ehemaligen Präsidenten Zine el-Abidine Ben Ali stürzte. Trotz der hohen Zahl der Opfer haben nicht einmal tunesische Medien über das Unglück berichtet.

Tunisia, il naufragio silenzioso di 56 giovani: cadaveri ripescati in mare. “È uno strazio, i genitori arrabbiati con lo Stato”

L’ennesimo naufragio al largo delle coste tunisine stavolta è costato la vita a 56 persone. Una tragedia-fotocopia rispetto a quanto accaduto quaranta giorni prima, il 15 giugno, quando un peschereccio trasformato in natante di fortuna per trasportare migranti era colato a picco. Anche lì, l’orrore: più di sessanta morti. Quel giorno i disperati a bordo dell’imbarcazione erano tutti africani provenienti dai Paesi sub-sahariani, mentre stavolta i corpi recuperati, e quelli da recuperare, appartengono alla stessa bandiera del motopesca, ossia alla Tunisia. Altrettanti giovani, in alcuni casi giovanissimi, in fuga da una terra sempre più turbolenta a causa dei problemi politici ed economici.

La Tunisia ormai non è più l’eccezione che conferma la regola alla voce ‘stati in disfacimento’ in reazione alle Primavere Arabe. Le vittime erano originarie e vivevano tutte nelle zone più complesse del Paese, tra disoccupazione, disparità sociali e radicalismo. Arrivavano, in particolare da Gafsa, Kasserine, Sidi Bouzid, le stesse terre da dove è partita la rivolta, ormai quasi dieci anni fa, per rovesciare il regime dell’ex presidente Zine el-Abidine Ben Ali. Il naufragio risale alla notte tra mercoledì e giovedì scorsi, quando la barca con a bordo 56 giovani è salpata da uno dei porti a nord di Sfax, seconda città della Tunisia e grande porto mediterraneo.

Dopo la tappa di Kerkennah, le isole che si trovano proprio davanti a Sfax e rappresentano una specie di rampa di lancio per le barche cariche di migranti verso Lampedusa e le coste siciliane, il natante è affondato. […]

Il barchino colato a picco l’altro giorno poteva trasportare a bordo un massimo di 20 persone: ce n’erano quasi il triplo. Era partito il giorno prima dal porticciolo di Sidi Mansour, una manciata di chilometri a nord di Sfax. Non era il primo e non sarà l’ultimo a salpare verso nord-est, verso l’Italia, la terra promessa. Con la bella stagione era in preventivo che le partenze sarebbero aumentate tantissimo rispetto ai mesi freddi: “Durante l’inverno partono una volta ogni tanto, adesso tutti i giorni e più volte al giorno – aggiunge un altro pescatore di Sidi Mansour -. La barca affondata giovedì era stata venduta di recente assieme a delle altre, almeno tre. Tutte e quattro sono partite per l’Italia, una è riuscita ad arrivare, due si sono dovute fermare a Kerkennah e l’ultima è finita in fondo al mare. Prima era usata per la pesca, poi, tolta la registrazione e il nome, è diventata da trasporto migranti”.

Nonostante l’elevato numero di vittime, la notizia non è stata diffusa dai canali informativi internazionali e anche in Tunisia stampa e siti di informazione non hanno dato risalto al tragico evento, quasi snobbandolo. La differenza, forse, l’ha fatta la nazionalità delle vittime, non migranti stranieri, ma ragazzi del posto.

Il Fatto Quotidiano | 27.07.2020

 

56 Tote bei Schiffskatastrophe vor tunesischer Küste