Il Fatto Quotidiano rekapituliert den Flop der Resettlement-Zusagen von EU-Staaten und Albanien an Italien und Malta. Von den 320 Übernahme-Zusagen dieses Sommers – unter ihnen die von Frontex Geretteten – hat nur Frankreich seinen verabredeten Teil übernommen. Alle anderen Staaten, Italien inklusive, haben keinerlei Übernahme-Initiativen gezeigt, so dass sich die Betroffenen nach wie vor in den Hotspot-Lagern von Pozzallo und Messina befinden. Es fehlt an Ausführungsbestimmungen eines solchen Ad-Hoc-Resettlement-Verfahrens, heisst es. Politischer Wille mache Resettlement aber möglich, wie Frankreich gezeigt habe.

Dai 270 sbarcati dalla nave Protector il 14 luglio, ai 50 della Diciotti che sarebbero dovuti andare in Albania e Irlanda. “Non esistono accordi automatici tra i 28 per regolare il ricollocamento”, spiega Eugenio Ambrosi, rappresentante dell’Oim a Bruxelles. Ma il caso della Francia dimostra che non è questione di protocolli, quanto di volontà politica

In tutto dovevano essere 320 i migranti trasferiti dall’Italia questa estate. Circa 270 dei 450 sbarcati a Pozzallo da nave Protector (Frontex) e Monte Sperone (Guardia di Finanza) il 16 luglio dovevano finire in Francia, Germania, Portogallo, Spagna, Malta e Irlanda. Altri 50 portati a Catania dalla nave Diciotti dovevano essere portati ad Albania e Irlanda. Ad oggi, però, solo la Francia – Paese con il quale per altro l’Italia ha in corso la polemica più accesa sul fronte immigrazione – ne ha presi 47, arrivati il 3 agosto. Gli altri sono ancora “parcheggiati” negli hotspot di Pozzallo e di Messina, in attesa del loro destino.

Questi trasferimenti non seguono alcun protocollo: sono il risultato di accordi ad hoc solo tra Paesi, frutto di escalation diplomatiche e minacce. Accordi che poi è facile ignorare. “A livello europeo, non esistono accordi automatici tra i 28 Paesi membri per regolare il ricollocamento dei migranti”, spiega Eugenio Ambrosi, rappresentante dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) a Bruxelles. Circa un anno fa è finito il piano di “relocation”, lo strumento biennale concepito nell’estate 2015 per suddividere in modo strutturale tra i Paesi membri i migranti sbarcati in Italia e Grecia, le porte aperte sulla crisi del Mediterraneo. Ogni soluzione che vada in questo senso è ferma anche perché il regolamento Dublino, la cui riforma è fallita anche per l’opposizione dell’Italia, non prevede la possibilità dei ricollocamenti.

Le relocation prevedevano criteri di selezione, invece sconosciuti nel caso degli accordi Paese-Paese. Uno di questi criteri era che ogni trasferito doveva avere almeno il 75% di possibilità di ottenere nel nuovo Paese una forma di protezione. “Poche nazionalità rientravano nella categoria”, sottolinea Ambrosi: siriani, eritrei, iracheni e pochi altri. A questo problema si è aggiunto il secco no dei Paesi dell’area Visegrad alla ridistribuzione, con il risultato che nel 2015 si confidava in 160mila trasferiti, a luglio 2017 il risultato è stato sotto il 2%.

Prima dei trasferimenti dall’Italia, è necessario che delegazioni di funzionari dei Paesi di destinazione acquisiscano i dati sui migranti in attesa di ricollocazione. Questo primo passo, però, non l’ha fatto nessuno al di là della Francia. […] 

Per uscire da questo impasse, Oim e Unhcr hanno proposto il 24 luglio un “non-paper” congiunto. “Si tratta di un documento non formale con cui aprire una discussione sul tema”, specifica Ambrosi. […]

Il Fatto Quotidiano | 17.09.2018

Boat-people Resettlement von Italien und Malta aus: Ein Flop