Kurz nach der Räumung des provisorischen Lagers in Vučjak, Bosnien Herzegowina sind Aktivist*innen des Quotidiano autogestito Zic.it aus Bologna nach Bihać gefahren und haben dort vor allem junge Migranten angetroffen, die täglich versuchen, über die Grenze nach Deutschland, Italien, England, Frankreich oder Spanien zu gelangen. In den Interviews berichten sie von ihren Erfahrungen bei dem Versuch, nach Kroatien zu gelangen. Sie stoßen auf zwei natürliche Grenzen: auf der einen Seite den Gebirgspass in der Nähe der Stadt Bihać, und auf der anderen Seite den Flussübergang in der Nähe von Velika Kladuša, einer Stadt an der nördlichen Grenze von Bosnien. Die Migranten sprechen Englisch.

Bosnia / Le voci dei migranti bloccati ai confini dell’Europa

Siamo stati in Bosnia Erzegovina subito dopo che lo scorso 10 dicembre il campo dei rifugiati di Vučjak, nei pressi della città bosniaca di Bihać, è stato sgomberato. Al suo interno avevano trovato temporaneo riparo almeno 700 persone, provenienti principalmente da Afghanistan, Pakistan, Iraq e dal nord Africa, giunte lì in attesa di continuare il percorso che corre lungo la rotta balcanica del sud, cioè attraversando Turchia, Grecia, Albania, Montenegro e Bosnia, per poi passare da Croazia e Slovenia e raggiungere i paesi dell’Europa occidentale.

Sarebbero circa settemila, secondo le stime delle organizzazioni internazionali presenti nella zona, le persone che si trovano nel cantone bosniaco di Una-Sana, nel nord della Bosnia, in attesa di poter oltrepassare il confine con la Croazia. Si tratta certamente di stime al ribasso, mentre persone appena arrivate nella zona stanno provando l’attraversamento del confine per la prima volta. Ciò che sta emergendo come una crisi umanitaria è il tema dei respingimenti messi in atto dalla polizia croata ai danni dei migranti: fra le persone con le quali abbiamo avuto la possibilità di parlare, tutti hanno affermato di essere stati respinti con metodi violenti e pestaggi, di essersi visti sottrarre illegalmente denaro e distruggere capi di vestiario, telefoni cellulari, tende da campo. Molti hanno superato la frontiera più di quattro o cinque volte: per tutti quelli che vengono presi dalla polizia, i soprusi si ripetono ad ogni tentativo di entrare nel paese che rappresenta il nuovo confine dell’Unione Europea.
Due i confini naturali che i migranti provano a superare per raggiungere la Croazia: da una parte un valico di montagna vicino alla città di Bihać, dall’altra l’attraversamento del fiume nei paraggi di Velika Kladuša, cittadina sul confine a nord della Bosnia.

Abbiamo raccolto alcune voci dei giovani (quasi nessuno di loro ha già compiuto trent’anni) che stanno tentando quotidianamente di raggiungere Germania, Francia, Italia, Inghilterra e Spagna. Nelle video-interviste i nostri interlocutori hanno parlato in un inglese comprensibile con una conoscenza base della lingua. Non le abbiamo tradotte per intero, ma per ciascuna di esse abbiamo riportato una sintesi scritta di alcuni messaggi contenuti nel video.

Due famiglie con bambini, provenienti da Afghanistan e Iraq, raccontano di avere appena subito un respingimento, uno di loro è stato picchiato sulle gambe: “La polizia croata ci ha preso e caricato sulla macchina. Ci hanno riportato al confine, hanno respinto donne e bambini e hanno trattenuto gli uomini e li hanno picchiati, poi hanno respinto anche loro. Ci hanno preso i telefoni, le tende per dormire, tutto. Ci deportano, ma perchè devono anche picchiarci?”. […]

 

Bosnien: Videointerviews mit Migranten an der Grenze zu Kroatien