„Ein staatlicher Mord“, so haben Gewerkschaftler den Tod von des 28-jährigen Al Ba Moussa aus dem Senegal  kommentiert, der gestern Nacht ums Leben gekommen ist, nachdem in den provisorischen Unterkünften in San Ferdinando ein Feuer ausgebrochen war. Auch neun Jahre nach der Revolte von Rosarno leben die Migrant*innen noch immer unter erbärmlichen Lebensbedingungen: Hütten ohne Licht und Wasser. Nachts ist es so kalt, dass die Bewohner*innen gezwungen sind, sich Feuer zu machen, um sich zu wärmen oder etwas zu kochen. Im Dezember 2018 ist unter denselben Umständen bereits ein Jugendlicher aus Gambia bei lebendigem Leib verbrannt.

In dem Lager leben vor allem Migrant*innen, die sich als Saisonarbeiter auf den kalabrischen Orangenplantagen verdingen.[1]siehe dazu Gilles Reckinger, Bittere Orangen oder den Bericht von Jean Duflot, Rosarno – Experimentierfeld des Hasses

Nuovo rogo nella tendopoli di San Ferdinando, muore un giovane migrante. Il Viminale: „Via allo sgombero da subito“

Distrutte decine di baracche, ha perso la vita il senegalese Moussa Ba, 29 anni. Terza vittima in un anno. Salvini: „Il campo sarà svuotato. Tragedie causate dall’illegalità“

Si muore ancora di freddo e di fuoco nella tendopoli di San Ferdinando, il ghetto che da anni ospita i braccianti migranti della Piana di Gioia Tauro. Ieri sera, attorno alla mezzanotte, un nuovo incendio è costato la vita al 29enne sengalese Moussa Ba e non Aldo Diallo come era stato detto in precedenza. Le fiamme si sono sviluppate nella parte iniziale del campo, quella più vicina alla strada e in pochi minuti hanno divorato una trentina di baracche. Un disastro annunciato per il ministro dell’Interno Salvini, che stamattina ha annunciato: „Sgombereremo la baraccopoli di San Ferdinando. L’avevamo promesso e lo faremo, illegalità e degrado provocano tragedie come quella di poche ore fa. Per gli extracomunitari di San Ferdinando con protezione internazionale, avevamo messo a disposizione 133 posti nei progetti Sprar. Hanno aderito solo in otto (otto!), tutti del Mali. E anche gli altri immigrati, che pure potevano accedere ai Cara o ai Cas, hanno preferito rimanere nella baraccopoli. Basta abusi e illegalità“. Per 40  lo spostamento sarebbe previsto già nelle prossime ore, afferma il Viminale. […]

La Repubblica | 16.02.2019

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San Ferdinando, l’inferno ignorato dalla politica: baracche senza luce e acqua, migranti si scaldano con i bracieri

Baracche senza luce né acqua. A nove anni esatti dalla rivolta di Rosarno, i migranti continuano a vivere nel ghetto di San Ferdinando. Nonostante le promesse dei politici e di tutte le istituzioni, la baraccopoli è sempre lì a ridosso del porto di Gioia Tauro. Qui negli ultimi mesi sono venuti sia il presidente della Camera Roberto Fico, che il ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Il fattoquotidiano.it è riuscito a entrare con la telecamera nella tendopoli. Sono circa 2mila gli stagionali che, in questo periodo, si trovano in Calabria per la raccolta delle arance e delle clementine. Di giorno sfruttati nei campi per 15 euro di cui una parte finisce in tasca ai caporali. Di notte al freddo, costretti ad accendere bracieri per riscaldarsi o per bollire l’acqua che poi utilizzano per fare una doccia. La tragedia è all’ordine del giorno. L’ultima si è consumata a inizio dicembre quando, un ragazzo di 18 anni originario del Gambia Suruwa Jaithe è morto carbonizzato perché dormiva in una delle due baracche che hanno preso fuoco nell’incendio provocato da un braciere improvvisato. […]

Il Fatto Quotidiano | 13.01.2019

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Baraccopoli migranti, ben 4 in provincia di Foggia. Ecco la mappa

Rischiano di diventare “polveriere”, soprattutto dopo gli ultimi casi di cronaca. Ecco dove sono le baraccopoli

L’ultima volta era successo appena due mesi e mezzo fa: il 2 dicembre 2018 un ragazzo di 18 anni, venuto dal Gambia, era morto in un incendio che aveva distrutto la sua baracca a San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro. Suruwa Jaiteh era regolare in Italia, titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma si era allontanato volontariamente dal centro di accoglienza di Gioiosa Jonica per vivere nella baraccopoli, dove i roghi sono così frequenti che iu vigili del fuoco vi hanno stabilito un presidio permanente.

Il rogo della notte del 15 febbraio ha distrutto una decina di baracche e quindici migranti rimasti senza un tetto sono stati trasferiti nella nuova tendopoli gestita dal Comune di San Ferdinando.

Nel giugno del 2018 la piana di Gioia Tauro era stata teatro di forti tensioni dopo l’omicidio del sindacalista Soumayla Sacko: il 29enne maliano ucciso a fucilate  mentre aiutava due amici a prendere alcune lamiere per la loro baracca da una fabbrica dismessa. A San Ferdinando i migranti erano scesi in strada per denunciare una situazione intollerabile: “Mai più schiavi”.

E il problema del caporalato si somma a quello delle baraccopoli che dalla Campania alla Sicilia rischiano di diventare le nuove polveriere del Sud Italia. Eccole, una per una, in una mappa.

Calabria

Piana di Gioia Tauro

E’ la piana di Gioia Tauro (in provincia di Reggio Calabria) il punto “caldo” dell’immigrazione in Calabria. Vi lavorano, secondo stime della prefettura, 1.500 persone, tutte di provenienza dall’Africa, impegnate nelle aziende agricole della zona nella raccolta degli agrumi, delle olive o dei pomodori secondo la stagione, in cambio di pochi euro al giorno. Si tratta di una polveriera sempre pronta a deflagrare a causa delle condizioni in cui i lavoratori vivono, sebbene la situazione sia recentemente migliorata con l’allestimento, a San Ferdinando, di una nuova tendopoli in sostituzione della precedente, installata dopo la raccolta del 2010.

Nella notte fra il 7 e l’8 gennaio, centinaia di immigrati devastarono Rosarno quando qualcuno sparò contro due di loro, rimasti feriti. I migranti, ospitati in una fabbrica in disuso in condizioni di estremo degrado, si riversarono per le vie del centro, armati di bastoni ed armi improvvisate, devastando centinaia di auto e incendiando cassonetti dei rifiuti. Un bambino, che si trovava nell’auto con i genitori, rimase ferito leggermente a un orecchio dalla scheggia di un vetro infranto, mentre una donna fu colpita alla testa lungo la statale 18 durante un altro assalto. La Polizia tentò di fronteggiare la protesta e si scontro con i rivoltosi che fecero partire contro gli agenti una fitta sassaiola. Diversi furono i contusi. Fu una notte di fuoco. La tensione aumentò quando un gruppo di cittadini rosarnesi scese in piazza per protestare a sua volta contro gli extracomunitari. Solo grazie alla mediazione delle istituzioni tornò la calma, con l’impegno di migliorare le condizioni dei braccianti.

L’altro episodio risale al 27 gennaio scorso. Un vasto incendio provocò la morte di una giovane donna nigeriana, Becky Moses, ed il ferimento di altre due persone. Nell’aprile scorso è stata arrestata una donna, che tentava di lasciare l’Italia: sarebbe stata lei a commissionare l’incendio a persone ancora sconosciute per consumare una vendetta dovuta motivi passionali. Due anni prima, l’8 giugno 2016, un carabiniere intervenuto per sedare una rissa nella tendopoli di San Ferdinando sparò e uccise un migrante che lo aveva aggredito con un coltello ed anche in quella circostanza la situazione fece temere di degenerare.

Isola Capo Rizzuto

L’altro punto di aggregazione dell’immigrazione in Calabria è il Cara di Isola Capo Rizzuto (Crotone), capace di ospitare 1.000 persone. Sebbene sia sotto il controllo delle istituzioni, la struttura, di tanto in tanto, fa registrare proteste dovute al ritardo della corresponsione delle indennità riconosciute dallo Stato agli ospiti della struttura. In alcuni casi si sono verificati tafferugli con le forze dell’ordine o l’occupazione della vicina strada statale 106 ionica. Nel maggio del 2017, peraltro, la struttura, affidata in gestione alle “Misericordie”, fu al centro dell’operazione “Johnny” che portò all’arresto dei gestori per presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta. […]

l’Immediato | 16.02.2019

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Dozens have died in shanty towns across Italy

Moussa Ba is not the first migrant to die in a shanty town in Italy. Dozens have died in these makeshift settlements, in particular in the southern regions of Calabria, Puglia and Sicily. Most of them were very young immigrants.

Thousands of immigrants who work as day laborers in the region near Gioia Tauro, Puglia and Campania live in sheds and tents in overcrowded shanty towns. This includes a settlement in San Ferdinando, near Reggio Calabria, where a young Senegalese man died due to a fire on the night between Friday and Saturday. 

Moussa Ba, 29, was not the first migrant to die a horrific death in the San Ferdinando shanty town. Before him, Suruwa Jaiteh, an 18-year-old from Gambia, died on December 2 last year. Becky Moses, a 26-year-old from Nigeria, died on January 27, 2018 when a fire destroyed nearly 200 tents and shacks. Another woman, aged 27, was seriously injured in the fire. In addition, Soumalya Sacko from Mali was killed last June while he was trying to get construction material to build a shack in an area not far from the shanty town. 

There were also fires in San Ferdinando in December 2016 and January 2017, but they were limited to one shack. The occupants were injured during these incidents.

InfoMigrants | 19.02.2019

Kalabrien: Wieder ein Toter nach Brand in Flüchtlingsbaracken

Fußnoten

Fußnoten
1siehe dazu Gilles Reckinger, Bittere Orangen oder den Bericht von Jean Duflot, Rosarno – Experimentierfeld des Hasses